Nel mese di settembre del 2011 ricevetti un’e-mail da Lima che mi informava che ci poteva essere una possibilità di appoggiare una spedizione legata alla trasmissione televisiva “Voyager” di Rai 2, che aveva piacere della mia presenza per recarmi con loro in una zona sulle Ande Centrali chiamata Marcahuasi, dato che io ero stato il primo italiano a far conoscere questo strano posto a 4000 metri d’altezza, sulle Ande, già dal 1998.

Riprese a Marcahuasi- il Regista Fulvio Benelli

Per conto della famosa trasmissione televisiva Rai, si sarebbero dovuti effettuare una serie di filmati delle imponenti rocce dell’altipiano, conosciute più che altro per i volti di uomini e di animali che si possono ammirare a decine, intagliate o affioranti sulle rocce granitiche della montagna (su questi argomenti era già apparso un mio articolo su un vecchio numero di “Nexus”, il n. 19 del 1999).

Vi erano comunque altri problemi da risolvere: a Lima, nell’attesa dell’arrivo della troupe televisiva, l’amico limeño Paul Mazzei organizzava l’occorrente per una spedizione a 4000 metri per una decina di giorni in una località completamente abbandonata sulle Ande centrali.

Giunta la società televisiva legata a Voyager, il giorno 21 settembre partivamo con un van affittato per raggiungere la comunità montana di S. Pedro de Casta, a 3000 m. slm, proprio ai piedi dell’altipiano di Marcahuasi.

Passammo a San Pedro due giorni per la necessaria acclimatazione all’altitudine (io non ne avevo bisogno, visto che provenivo da Cusco che è sui 3500 mt.) e per conoscere l’agguerrita compagine televisiva, che vantava al suo attivo varie difficili missioni, tra le quali una veramente pesante in Siberia qualche anno fa, alla ricerca dei segreti del famoso incidente esplosivo di Tunguska, verificatosi nel lontano 1908.

Il giorno 23 settembre una carovana di 6 cavalli e 7 muli si avventurava – guidata da noi, ovviamente – per la difficile salita che parte da S. Pedro, con un dislivello di circa 1000 metri, in modo da raggiungere l’altipiano di Marcahuasi nel primo pomeriggio.

Sevellano Olivares e Marco Zagni


Per me, dopo tredici anni dal primo viaggio, l’emozione era molto forte: sarei riuscito così, definitivamente, a esplorare tutto l’altipiano, compresa la lontana zona Sud (località La Fortaleza) che nel 1998 non ero riuscito a visitare, per mancanza di tempo.

Con i ragazzi di Voyager era stata stabilita tutta una serie di spostamenti in loco, per favorire soprattutto la massima possibilità di filmare tutte le strutture rupestri più conosciute: il Leone Africano, Il Monumento all’Umanità, Il Profeta, l’Alchimista, Il Cammello, il Rey Politico ecc. ecc., cioè tutte quelle “sculture organiche” che negli Anni 50 erano state scoperte dallo studioso ed esoterista Daniel Ruzo (morto nel 1991), che aveva in seguito speso la sua vita nel divulgare in tutto il mondo quello che aveva scoperto1. A suo parere, come si sa, sull’altipiano si era sviluppata una civiltà preistorica almeno 8000 anni or sono, che aveva appreso l’arte delle “rocce figurate”, un sistema artistico che si basava sull’esaltazione della qualità di alcuni tipi di rocce per far risaltare enormi volti di esseri umani o di animali (ormai anche estinti). Una sorta di Atlantide andina.

1 Vedi il mio saggio “l’Impero amazzonico”, MIR Firenze, 2002.


In compagnia della guida di San Pedro, Sevellano Olivares, si passarono a Marcahuasi 5 giorni fantastici dove i filmati riuscirono benissimo anche grazie alle indicazioni contenute nei vecchi testi di Ruzo: infatti, per ottenere il massimo dai video e dalle fotografie in loco, si debbono aspettare particolari orari del giorno (o anche della notte), legati alla posizione delle strutture. Generalmente però, quelle situate nella posizione Nord dell’altipiano si fotografano al mattino, quelle nella zona Sud, nel pomeriggio. Per i filmati notturni non eravamo attrezzati.


I risultati di questa straordinaria esperienza verranno poi trasmessi da Rai 2 il 27 febbraio 2012 dalla trasmissione
Voyager.

Quello che vogliamo qui raccontare è però totalmente originale ed eccezionale, direi, visto che nel corso della nostra permanenza sull’altipiano abbiamo assistito per due notti alle evoluzioni di un genere di UFO che, nella terminologia specialistica, viene conosciuto con il termine di “Manisola”.

Almeno questa è la prima cosa che mi era venuta in mente osservando questi oggetti volanti, non identificabili in altro modo.


Vedi il mio saggio “l’Impero amazzonico”, MIR Firenze, 2002.


Andiamo per ordine. Il giorno 24 settembre ci eravamo accampati più in là, rispetto alla sera precedente, ed esattamente ci trovavamo in una località dell’altipiano chiamata “l’Anfiteatro” , una grande depressione nella roccia che permette di fissare le tende (ne avevamo 4), quanto meno al riparo dal vento. Di notte comunque si scendeva almeno a 0 gradi, se non sottozero.

Di giorno invece, per l’escursione termica, si raggiungevano i 25 gradi, con un sole cocente, tipico di alta montagna. Dopo una serie di perlustrazioni pomeridiane ci si accampò definitivamente per cenare.


Verso le ore 21.00 si era tutti molti stanchi e ci si stava preparando per la notte quando, in direzione Nord, in fase ascensionale, comparve una luce brillante che saliva nel cielo stellato notturno, proveniente dall’unica piccola nube presente al nostro sguardo, che sembrava come poggiare su di una catena di monti, in lontananza. La mia impressione fu che questo oggetto luminoso fosse fuoruscito dalla cima di un monte, nascosto dalla nube. Ogni tanto la luce si fermava nel cielo e, come presa da un disegno intelligente e voluto, seguiva perfettamente il lento corso in movimento della volta celeste, mimetizzandosi così tra le stelle e i pianeti. Poi, improvvisamente, aumentava di luminosità in modo abnorme e, nel giro di poco tempo, si spostava per ampi tratti nel cielo, nella nostra direzione. Poi rallentava, diminuendo d’intensità, e riprendeva l’azione di “mimetismo” fisso, tra le stelle del cielo australe.

L’Alchimista


Dico subito che movimenti molto simili da parte di questa stessa “luce intelligente”, che si levò dalla medesima montagna della notte precedente, si verificarono anche nel corso della notte successiva, il 25 settembre 2011 (la notte del 26 settembre il cielo rimase invece molto coperto). Purtroppo non fummo in grado di riprenderla e filmarla, non avendo gli strumenti ottici adeguati per il cielo notturno (almeno così mi disse l’operatore, e non c’è dubbio che fosse così, perché altrimenti si avrebbe avuto la possibilità di effettuare uno scoop televisivo importantissimo).


Con un passato da astronomo dilettante (Centro Astrofili di Milano), conoscevo molto bene i tipi di fenomeni celesti che si possono manifestare ad un osservatore, e questo era di un genere a me assolutamente sconosciuto: io stesso avevo assistito ad un altro “incontro ravvicinato del primo tipo” molti anni fa, nel 1994, ma si era trattato di un avvistamento notturno di tipo “classico”. Ma pensando, nei giorni immediatamente successivi, al fenomeno al quale avevamo assistito, non ebbi dubbi nel catalogarlo, e ne informai i miei amici, nella rara casistica dei “Manisola”.


I “Manisola” di Marcahuasi


Dietro questi casi di avvistamento in realtà (si sono verificati in varie parti del mondo, dall’Asia Centrale al Sud America, al Polo Nord), forse si nasconde uno degli ultimi misteri biologici della vita sulla Terra. Il termine Manisola , in riferimento agli avvistamenti, venne utilizzato per la prima volta in assoluto dallo scrittore esoterico Wilhelm Landig (1909-1997), mutuando questo nome dalla terminologia degli antichi eretici Catari, dove allora rappresentava sia una fonte benefica di energia legata al mistero del Graal, che ad un particolare rituale degli stessi Catari (era una delle loro feste più importanti). Il nome comunque deriva dal concetto di Mani, il potere energetico vivente della Madre Terra, legato al potere del Graal, una pietra cristallina satura di energia Mani (forse una pietra nero-viola di ametista), secondo i Catari.

La Fortaleza


Lo stesso cercatore del Graal, lo scrittore-esploratore Otto Rahn (1904-1939?), accennava a qualcosa del genere nel suo famoso saggio
Crociata contro il Graal (ed. Barbarossa, Milano 1999), mettendo in relazione i percorsi iniziatici occidentali – ottenuti grazie all’energia del Graal – con l’illuminazione buddista tibetana.


Ma Landig, con un passato da ufficiale tecnico nei dipartimenti segreti di ricerca militare – area di Vienna, 1944/45 – alle prese con i primi “dischi volanti terrestri” detti anche V/7 (Vergeltung 7, Rappresaglia 7) sosteneva nel suo “romanzo pieno di fatti storici” Götzen gegen Thule (Idoli contro Thule
, Hannover 1971) che i piloti e gli scienziati aeronautici tedeschi avevano scoperto una misteriosa forma di vita volante nei cieli, luminosa e di forma sferica, la cui energia biologica era legata la ciclo vitale della stessa Terra. Legati indissolubilmente all’energia vitale di base universale Mani, chiamata invece dallo studioso austriaco Wilhelm Reich con il termine di
Orgone.


Ma seguiamo una descrizione del Manisola da parte dello stesso Landig, presa dal suo romanzo Idoli contro Thule:


I Manisola sono delle sfere di energia luminosa al primo stadio di un processo vitale che si riconduce all’emanazione della Mani. La seconda fase di questa macchina biologica risulta essere un processo di indurimento sino a quando raggiunge la forma di un limone, metallico e cristallino. Questa macchina biologica è femminile, materiale, una emanazione della Grande Madre! Nella terza parte del processo si separano gli elementi maschili i quali vanno a formare il fallo centrale, un archetipo pigmeo. La quarta parte del processo risulta essere una fase ermafrodita. Il punto culminante è un quinto stadio di grandezza, seguito da un sesto, che è la nascita di un nuovo embrioneQuesti dischi possono sembrare incandescenti, come cerchi fiammeggianti.


Quello che è notevole è la loro capacita di reazione verso chi li insegue. Agiscono come un essere intelligente e le loro manovre aeree sorpassano di gran lunga tutto quello che l’attuale tecnologia permette”.

Il volto dell’Inca


Marcahuasi era già conosciuto da molto tempo come un luogo “magico” e unico, nel quale si possono verificare dei fenomeni luminosi straordinari e avvistamenti di veri e propri UFO. Dopo l’esperienza vissuta direttamente in quelle notti stellate passate sull’altipiano, posso però dire che la realtà che si è verificata davanti ai nostri occhi per ben due notti consecutive, è stata di gran lunga superiore alle nostre più rosee aspettative. Grazie Marcahuasi per questa avventura: un vero e proprio mistero di pietra e, al contempo, mistero del cielo!

I “Manisola” di Marcahuasi

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